COME LAVORO CONCRETAMENTE

ASSESSMENT E PERCORSO PSICOTERAPEUTICO INTEGRATO


Dott.ssa Sabrina Borraccia, Psicologa Milano

Ogni volta che qualcuno si reca nel mio studio prima di tutto effettuo un percorso di Assessment che dura in media 3/4 incontri. Si tratta di un processo di valutazione e comprensione del problema portato, che ha l’obiettivo di inquadrare al meglio il disagio, dargli un nome, capire come risolverlo, le tempistiche e quali sono gli strumenti e le tecniche più efficaci.

1 - LA FASE DI ASSESSMENT


In questa prima fase utilizzo strumenti diversi che vanno dal colloquio clinico e l’intervista semi-strutturata dai quali ricavo informazioni sulla storia personale di vita della persona e sul suo disagio, a questionari self-report (test autosomministrati a crocette) o test di personalità più strutturati.

Nel colloquio clinico si cerca attraverso alcune domande specifiche di capire il disturbo presentato e inquadrarlo in una categoria diagnostica. Può accadere, ad esempio, che la persona mi racconti di non dormire più la notte, essere agitata, far fatica a svolgere le normali attività quotidiane e non riuscire più ad essere un buon genitore; il mio compito è cercare di capire se è sempre stata così, se invece qualcosa è cambiato e perché, soffre d’ansia? Depressione? o cosa?

La valutazione psicodiagnostica si serve di interviste semistrutturate, test per lo più di self-report (test autosomministrati a crocette) e/o più strutturati come il test di Rorschach o di Blacky. L’intervista semistrutturata ha l’obiettivo di indagare la storia di vita della persona toccando i momenti più salienti della sua esistenza; i test, invece, – sia quelli basati su domande a cui bisogna rispondere in modo affermativo o negativo o dando una valutazione numerica, sia quelli più destrutturati e liberi come le tavole di Rorschach – hanno l’obiettivo di formulare una diagnosi o sintomatologica (ad esempio sull’ansia, depressione etc) o sulla struttura di personalità.

L’obiettivo di quanto appena spiegato è proprio di tipo diagnostico, ovvero cercare di capire qual è il problema, come va inquadrato, dove nasce e in che contesto si sviluppa. È un po’ come quando ci fa male un ginocchio e prima di capire che esercizi fare o come muoverci, andiamo dall’ortopedico che ci visita e ci consiglia di effettuare una radiografia, che ci spieghi al meglio quale tipo di problema abbiamo e quindi successivamente come intervenire!

2 - IL PERCORSO PSICOTERAPEUTICO INTEGRATO


Una volta concluso il percorso di Assessment e quindi capiti quali sono i problemi su cui ci si vuole focalizzare, stabilisco assieme alla persona che si è recata da me un piano di azione, gli obiettivi da raggiungere, le modalità e le tempistiche; tutto ciò avviene in un rapporto basato sul confronto e sulla sperimentazione reciproca.
Metto così a disposizione dell’altro la mia “valigetta degli attrezzi” dando stimoli, compiti da eseguire, esercizi vari da sperimentare assieme e poi da soli.

Potrà così succedere che io utilizzi prevalentemente la terapia cognitivo-comportamentale integrandola, laddove necessario, con sedute dove insegno alla persona a rilassarsi e a gestire meglio lo stress che sta vivendo. Ciò significa che ci si vedrà settimanalmente e si lavorerà sulle cognizioni distorte e sui modi di interpretare la realtà poco efficaci, che alimentano stati emotivi fonte di sofferenza per poi sostituirli con schemi più efficaci. Seduta dopo seduta, a seconda di quanto emerge si cambieranno gli obiettivi, focus, finché si arriverà ad una situazione di equilibrio e soddisfazione del paziente.

Ci saranno invece situazioni in cui sono talmente evidenti alcuni traumi significativi nella storia della persona, che sarà più opportuno utilizzare l’EMDR. In tal caso, dopo aver spiegato nel dettaglio in cosa consiste questa terapia, vengono stabilite le aree traumatiche da cui partire, si seleziona il ricordo cardine da cui iniziare e lo si elabora al fine di raggiungere tranquillità in quella determinata sfera. Si procede così a lavorare su ricordi differenti, con lo scopo finale di aiutare la persona a risolvere i traumi passati, per poi stare bene nel presente.

Ci saranno, infine, altre situazioni dove è più opportuno da subito aiutare l’altro a governare meglio lo stress e più in generale le proprie emozioni, insegnando prima di tutto a riconoscerle nel corpo, in seguito a dar loro un nome (si tratta di rabbia) e infine a gestirle al meglio. Solo dopo questo lavoro di autoregolazione delle proprie emozioni sarà possibile intervenire su traumi passati utilizzando la terapia migliore per quella persona.

GENITORIALITÀ


Nel caso specifico della genitorialità e delle difficoltà che un papà o una mamma possono avere con il proprio figlio il discorso è sovrapponibile.

Sarà sempre imprescindibile effettuare col genitore un quadro della situazione e quindi una sorta di Assessment, che inizialmente riguarderà il figlio, la storia di vita dello stesso e della famiglia. Solo successivamente sarà possibile capire se è sufficiente un percorso di accompagnamento alla genitorialità, introducendo anche tecniche di gestione delle emozioni e dello stress o se invece può essere più opportuno un lavoro sul singolo genitore, sulla sua storia di vita e sui suoi traumi. Capita, anche, come terza possibilità che sia la coppia a dover essere aiutata: i continui stress sul problema portato dal figlio hanno generato una conflittualità e una mancanza di sintonia nella coppia che ha quindi bisogno di ritrovarsi prima come essere umano e poi come genitore.

L’idea di base è che chiunque venga da me in studio ne esca non solo avendo capito che cosa lo disturba e preoccupa, perché gli crea disagio, ma soprattutto cosa fare per uscirne!!